Le Obbligazioni nel Diritto Internazionale Privato

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 07 Novembre 2015

Proprio perché il DIP interviene nei casi di contatto, anche solo potenziale, tra ordinamenti giuridici distinti, quando si parla di obbligazioni in DIP si pone da subito un problema concettuale. Ci si deve chiedere se il concetto di “obbligazione” sia di fatto un corrispettivo di quanto previsto dall’ordinamento italiano o meno e, automaticamente, quali siano le fonti di riferimento.

La questione potrebbe apparire molto teorica, per non dire sfumata, invece è essenziale: infatti, in presenza di una normativa comune e tale da ampliare o restringere il concetto di obbligazione rispetto a quanto avviene nel diritto interno, il diretto interessato potrà regolarsi meglio sotto più punti di vista (ad esempio, contrariamente alle leggi italiane, per il DIP quell’atto o quel fatto sono – o non sono – fonti di obbligazione).

Nell’ordinamento italiano le obbligazioni sono doveri giuridici per i quali un soggetto è tenuto a una determinata prestazione nei confronti di un altro: elemento centrale è l’obbligatorietà della prestazione per il soggetto comunemente denominato debitore. Da ciò, il legislatore italiano ha individuato varie fonti di obbligazione: il contratto, naturalmente, ma anche il fatto illecito e ogni altro atto o fatto idoneo a produrre obbligazioni in conformità all’ordinamento giuridico, vale a dire le promesse unilaterali, la rappresentanza volontaria e le cosiddette “obbligazioni ex lege”. Stando alla l. 218/95, tra queste ultime rientrano la gestione di affari altrui, l’arricchimento senza causa, il pagamento dell’indebito e, in via residuale, le altre obbligazioni nascenti da legge non regolate diversamente.

Le “nostre” fonti di obbligazioni, benché prospettate in maniera necessariamente sintetica, sono le stesse anche al di fuori dei confini dello Stato italiano? La risposta è evidentemente negativa: la figura dell’obbligazione, specie se ci si riferisce alle obbligazioni non contrattuali, non può essere ricostruita secondo un archetipo valevole per tutti gli ordinamenti giuridici e idoneo ad accomunare ogni fonte di obbligazione ricavabile dai vari diritti nazionali. Malgrado ciò, allo scopo viene in soccorso il regolamento dell’Unione europea n. 864/2007 sulle obbligazioni non contrattuali.

Il reg. 864/2007/CE è decisivo perché, nonostante sia un atto di origine comunitaria, determina la legge applicabile alla fattispecie anche quando questa è quella di uno Stato che non fa parte dell’Unione. In sostanza, la portata del regolamento attribuisce all’atto un grado di certezza superiore per l’interessato per quanto concerne il concetto di obbligazione (non contrattuale, dato che per ora conviene soffermarsi su questa categoria tendenzialmente residuale).

Tenendo presente che il reg. 864/2007/CE vale per le materie civile e commerciale, il fulcro dell’obbligazione non contrattuale è rappresentato dal danno, attuale o potenziale, derivante da fatto illecito. Esistono poi ipotesi espressamente riportare, che aiutano ad appurare più dettagliatamente fino a dove si spinga il novero delle obbligazioni non contrattuali:

  • concorrenza sleale e atti limitativi della libera concorrenza;
  • responsabilità da prodotti;
  • danno ambientale;
  • violazione di diritti di proprietà intellettuale;
  • attività sindacale;
  • arricchimento senza causa;
  • negotiorum gestio;
  • culpa in contrahendo.

Come si vede, non vi sono grosse differenze tra le fonti di obbligazione previste dal diritto italiano e quelle citate dalla norma più importante sul punto; diciamo che il regolamento, essendo un atto più recente e di più largo respiro se paragonato al codice civile italiano, è più preciso nell’indicazione di fattispecie specifiche.

In questa sezione pubblichiamo gli articoli sul diritto internazionale privato, sulle norme applicabili nel diritto internazionale privato, il rinvio nel diritto internazionale privato, il rinvio ad ordinamenti plurilegislativi, il rinvio a legge straniera non identificabile, le obbligazioni nel diritto internazionale.

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Rinvio a Legge Straniera non Identificabile

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 07 Novembre 2015

Il rinvio può avere sorti incerte o impreviste. Si è visto che può condurre verso una norma straniera che dispone un rinvio successivo (rinvio indietro e rinvio oltre) e che l’ordinamento richiamato non necessariamente è un sistema unico (rinvio a ordinamenti plurilegislativi).

Per ora abbiamo però sempre dato per assodato che prima o poi una norma di riferimento appaia, vuoi in seguito a rinvio indietro oppure oltre, vuoi in un sottosistema giuridico di un ordinamento plurisoggettivo.

Adesso è tempo di vagliare un’altra eventualità. Immaginiamo che il criterio di collegamento indicatoci dalla legge italiana ci guidi verso l’ordinamento turco e che al suo interno…non vi sia alcuna norma identificabile ai fini della regolazione della fattispecie che ci riguarda. Come si affronta un rinvio come questo, un rinvio “nel vuoto”?

Premesso che l’accertamento della norma straniera postulata dal rinvio spetta al giudice, il rimedio prospettato si fonda sull’analogia.

Si tratta di riferirsi a ipotesi uguali o simili a quella che si è verificata in concreto per scorgere la presenza di eventuali criteri di collegamento. Se l’attività di indagine va a buon fine sarà consentito “riciclare” i criteri rinvenuti, imponendoli alla fattispecie in attesa di essere regolata. Se, viceversa, l’operazione fallisce, sarà possibile fare ricorso alla legge dell’ordinamento dal quale è partito il rinvio, che nel nostro caso è l’ordinamento italiano.

Tornando all’esempio di cui sopra, se l’ordinamento turco non offre soluzione immediata al problema, si cercheranno criteri usati per disciplinare fattispecie analoghe a quella che ci riguarda, così da ottenere una soluzione giuridica (di diritto turco) in via indiretta. Qualora poi il diritto turco non sia d’ausilio neppure sotto questo punto di vista, il diritto italiano “riprende il comando”, del quale si era spogliato mediante il rinvio all’ordinamento turco, e si applica la norma italiana più indicata.

Ergo, il rinvio “verso il nulla” non deve determinare una paralisi, ma indurre alla ricerca di una strada parallela, prima di un eventuale ritorno all’ordinamento di partenza; ma in un caso come nell’altro la fattispecie dovrà poter essere regolata.

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Il Rinvio nel Diritto Internazionale Privato

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 07 Novembre 2015

Appurato che i rapporti di Diritto Internazionale Privato sono diretti da una serie di norme a volte alternative a volte coesistenti, conviene da subito organizzarsi, quanto meno relativamente alla gerarchia di queste norme. Le regole da rispettare sono le seguenti:

  • in primo luogo vigono i criteri di convenzioni internazionali (ad esempio, la Convenzione di Roma del 1980) o di norme dell’Unione europea (ad esempio, il reg. 593/2008/CE), logicamente solo se e quando applicabili (soprattutto è necessario che gli Stati coinvolti siano, rispettivamente, vincolati da quella convenzione o membri dell’Unione);
  • in secondo luogo vigono le norme interne di DIP (ad esempio gli articoli della l. 218/95) nel senso che se queste non coinvolgono convenzioni internazionali o norme di diritto dell’Unione, allora si attueranno i criteri da esse individuati;
  • se una convenzione internazionale, una norma di diritto dell’Unione o una norma di diritto interno (ad esempio italiana) risulta applicabile alla fattispecie concreta e consente alle parti di scegliere la legge di un dato ordinamento per la regolamentazione dell’intera fattispecie o alcuni suoi aspetti (salve ipotesi eccezionali che si sottraggono a una simile disciplina), allora le parti potranno procedere in tal senso e la legge applicabile sarà quella per la quale opteranno.

Al di là delle regole appena accennate, permane comunque la “regola classica”: esiste una norma di diritto interno (nel nostro caso, di diritto italiano) che specifica se la fattispecie debba essere regolata dal diritto interno o dal diritto di un altro ordinamento (nel nostro caso, poniamo quello inglese); ed è doveroso considerare cosa accade quando, in questo secondo caso, il rinvio a un ordinamento diverso non si esaurisce nell’immediata individuazione della norma (ad esempio, la norma inglese) che dovrebbe regolare la fattispecie.

Di seguito vale la pena spendere alcune parole su una di queste possibili problematiche.

Supponiamo che, in relazione alla fattispecie che ci interessa, la norma di diritto italiano cui bisogna riferirsi rinvii al diritto inglese e che quest’ultimo rinvii a sua volta al diritto italiano oppure al diritto di un altro Paese, in particolare se la fattispecie presenta elementi di internazionalità che coinvolgono più di due Stati. Come ci si comporta? C’è modo di uscire da questa sorta di “vicolo cieco”?

Il primo caso è più semplice. Se il diritto italiano impone di riferirsi a un diverso ordinamento giuridico e quest’ultimo rimanda nuovamente al diritto italiano, la fattispecie sarà regolata dal diritto italiano; è come se il primo rinvio si fosse rivelato un tentativo vano. D’altronde la norma di diritto italiano non vieta al diritto italiano di regolare la fattispecie: dà la precedenza al diritto di un altro ordinamento, ma se poi questo ci “riporta indietro” si può (anzi, si deve) tornare indietro senza problemi.

L’altro caso, al contrario, è più spinoso. Finché il secondo ordinamento ci riconduce a un terzo siamo a posto: alla fattispecie si applicherà il diritto del terzo ordinamento. Tuttavia, non è da escludere che la norma del terzo ordinamento rinvii a un quarto o ci riporti indietro al secondo o addirittura al primo (cioè al diritto italiano); tra l’altro, l’art. 13 della l. 218/95, che dovrebbe occuparsi di situazioni analoghe, non dice nulla sul punto, ragion per cui la soluzione al dilemma non può essere ricercata nemmeno nella norma italiana di DIP per eccellenza. Sicché, come si procede?

La risposta, emersa per lo più a livello dottrinario, è: ci si ferma al terzo ordinamento. In altre parole, se la norma di diritto italiano che abbiamo giustamente consultato ci impone di assoggettare la fattispecie al diritto inglese e questo, sempre in considerazione della nostra fattispecie, rinvia al diritto canadese, dovremo riferirci solo ed esclusivamente al diritto candese, anche in caso di ulteriore rinvio a un quarto ordinamento (ad esempio, il diritto giapponese) o a un ordinamento precedente (ad esempio, il diritto inglese o italiano).

Veniamo, infine alle eccezioni concernenti entrambi i casi di rinvio (“indietro” e “oltre”). Ricapitolando:

  • se non si applicano convenzioni internazionali o norme di diritto dell’Unione
  • se non è previsto che le parti possano scegliere liberamente e concordemente a quale ordinamento giuridico riferirsi
  • e se la norma italiana di DIP ci indirizza a un ordinamento giuridico diverso da quello italiano

si segue la norma di tale ordinamento straniero, anche se non è da escludere la stessa potrà riportarci indietro o ancora più avanti (ma solo una volta). Ad ogni modo, e a ciò bisogna prestare grande attenzione, il rinvio indietro e oltre sono esclusi in alcuni aspetti che per il genere “obbligazioni” sono cruciali, come la forma degli atti o la specie “obbligazioni non contrattuali”.

In definitiva, considerando le obbligazioni, si ricava che il rinvio indietro e il rinvio oltre restano alquanto eccezionali, poiché ammessi solo se

  • la norma di primo riferimento è una norma interna (non una convenzione o un atto dell’Unione)
  • l’obbligazione ha natura contrattuale
  • la questione non riguarda la forma del contratto

A prescindere dalla rarità delle due ipotesi ventilate, e degli effettivi problemi che possono originare, è però importante avere un’idea precisa di come anticipare le situazioni prospettate o di come comportarsi in loro presenza.

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Il Rinvio a Ordinamenti Plurilegislativi

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 07 Novembre 2015

I rapporti tra parti legate a vario titolo a diversi ordinamenti giuridici sono certamente molto frequenti in materia di obbligazioni ed è scontato che una fattispecie possa essere astrattamente disciplinata da una pletora di norme diverse, che dipendono dall’ordinamento “demandato” alla sua regolamentazione. Resta il fatto che l’incognita potrebbe riguardare non soltanto i criteri da utilizzare per disciplinare questo o quell’elemento della fattispecie, ben potendo, in alcuni casi, sussistere dubbi sul tipo di ordinamento da “consultare”, anche quando le norme di DIP (italiano) non tradiscono incertezza.

Facciamo degli esempi per dare forma a questo ulteriore problema, insito nel rinvio da un ordinamento all’altro.

La norma di diritto italiano che ci serve, in considerazione della fattispecie che ci interessa, rinvia a un ordinamento federale, diciamo quello tedesco: la fattispecie sarà regolata da una norma dell’ordinamento nazionale (Repubblica federale di Germania) o locale (da intendersi la norma di uno degli Stati federati della Repubblica federale di Germania)?

Oppure, la norma italiana rinvia a un ordinamento ove troviamo una miscellanea di discipline, dovuta solitamente all’appartenenza del popolo di quello Stato ad altrettanti gruppi sociali (tipico di vari Stati islamici): basti riflettere sui rapporti commerciali tra un’impresa italiana e controparti localizzabili in Iraq, in Siria, in Libia. Dove può essere rinvenuta, nello specifico, la “norma-guida” della fattispecie oggetto del rapporto in questione?

Il problema non è di poco conto e rischia di creare situazioni di stallo o turbative di rapporti costituiti sottovalutando tale dato di fatto. È il caso di pensarci bene sia quando siamo obbligati da una norma a sottostare alla legge di quel dato Paese, sia quando invece la scegliamo liberamente perché ne abbiamo la possibilità. Chi intrattiene rapporti commerciali in campo petrolifero con un’impresa mediorientale, ad esempio, potrebbe infatti non essere in grado di “barcamenarsi” nemmeno in prima battuta tra i molteplici ordinamenti dello Stato in cui l’impresa è situata.

Una soluzione per “limitare i danni” a dire il vero c’è.

Ai sensi delle disposizioni di riferimento della nostra legge di DIP sostanziale, “comanda” l’ordinamento al quale si rinvia: il che equivale a dire che la fattispecie non sarà disciplinata dall’ordinamento italiano. In pratica, se nel rapporto di cui sopra l’ordinamento italiano rinvia a quello iracheno, al rapporto si imporrà la legge dell’ordinamento iracheno e sulla base dei criteri dell’ordinamento iracheno; con la conseguenza che, se sull’ordinamento iracheno insistono altri ordinamenti giuridici più specifici, si dovrà individuare quello chiamato a disciplinare la fattispecie.

Solo in assenza di criteri necessari e sufficienti ai fini dell’individuazione dell’ordinamento giuridico nel complesso dell’ordinamento plurilegislativo, si potrà procedere alla selezione del sistema giuridico che presenti il collegamento più stretto con la fattispecie.

In conclusione, quando un rapporto obbligatorio viene disciplinato dal diritto di un ordinamento plurilegislativo, occorrerà verificare nel dettaglio a quale dei sottosistemi giuridici presenti si dovrà sottoporre la fattispecie, sperando che ciò basti a esaurire le tappe del rinvio.

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Le Norme Applicabili nel Diritto Internazionale Privato

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 07 Novembre 2015

Nei rapporti obbligatori intercorrenti tra soggetti riferibili a Stati diversi si pone ovviamente il problema della conoscenza della normativa dell’”altro Stato”. Si pensi all’esercente italiano che, in virtù di un rapporto con una controparte svedese, si trovi costretto a districarsi nelle maglie del diritto di un ordinamento che sicuramente non conosce, per non parlare di problemi di carattere non giuridico evidenti a chiunque (la lingua, solo per citare un esempio).

Eppure, le complessità da affrontare non sono soltanto “a valle” (nel caso specifico, come faccio ad avere chiaro cosa richiede e cosa prospetta la normativa svedese?), ma anche e soprattutto “a monte” (nel caso specifico, come faccio a capire se la normativa applicabile è proprio quella svedese?).

Se è vero che il Diritto Internazionale Privato consente di individuare la legge applicabile alla fattispecie, nonché il foro competente ad occuparsi delle controversie relative alla fattispecie, va detto che le fonti che “gravitano” intorno a tali fattispecie sono numerose e tendono a sovrapporsi: è da questo dato di fatto che conviene partire.

Il nodo da sciogliere è il seguente. Esiste una norma, la l. 218 del 31 maggio 1995, che senza dubbio funge da strumento principale per individuare le norme da seguire nel caso concreto: detto altrimenti, la l. 218/95 fornisce i criteri che indirizzano l’interessato verso le norme “giuste”. Sennonché, pensare che per risolvere il quesito sia sufficiente leggere gli articoli della l. 218/95 che meglio si adattano alla fattispecie in questione è puramente illusorio: tale legge, infatti, è il primo strumento da utilizzare, ma spesso non l’unico.

Un esempio calzante è dato dalle obbligazioni contrattuali. Nella l. 218/95 la materia è regolata dall’art. 57, che sembra risolvere il dubbio in poche e semplici righe: “(l)e obbligazioni contrattuali sono in ogni caso regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 (…)”. Sembra, appunto…

Già, perché alla Convenzione di Roma del 1980 negli ultimi anni si è sovrapposto il regolamento comunitario (oggi dell’Unione europea) n. 593/2008, che diviene così la norma applicabile alla fattispecie. Ne consegue che colui il quale decida di “fidarsi ciecamente” dell’art. 57 l. 218/95 rischia di basarsi su una norma (Convenzione di Roma del 1980) senza sapere che questa nel frattempo non ha più la valenza per regolare alcuni rapporti contrattuali, in quanto coperti dal reg. 593/2008/CE, che in alcuni contenuti offre soluzioni differenti rispetto alla Convenzione.
Inutile dire che vi è di più.

A parte che alcuni aspetti di alcune obbligazioni contrattuali sono disciplinati altrove già nella l. 218/95, nel senso che per essi non si applica l’art. 57, vi sono poi numerose tipologie di contratti oggetto di altre convenzioni internazionali o di altre norme di diritto dell’Unione europea: significa, insomma, che per queste ultime ipotesi non è possibile riferirsi neanche al reg. 593/2008/CE.
Riassumendo, pur essendo fondamentale sapere da subito la legge che governa la fattispecie in rilievo, è piuttosto difficile svolgere correttamente questa operazione, poiché le norme da seguire appartengono a una “galassia” ove le indicazioni per raggiungere il punto d’arrivo sono talvolta lacunose. Trattasi, per giunta, di norme di diritto interno, di diritto dell’Unione europea o di diritto internazionale, tra l’altro passibili di deroghe o eccezioni in determinati casi. Dunque, serve ordine, è necessario razionalizzare queste norme.

Per questo motivo, allo scopo di orientare meglio l’operatore nel contesto dei rapporti obbligatori di DIP, si cercherà di offrire da subito l’input corretto, ovvero di illustrare le disposizioni normative applicabili, onde evitare all’interessato di perdersi all’interno di zone grigie.

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